Andiamo alla partita? No grazie…

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Cominciamo con qualche numero…36.594, 30.762, 24.706.

Sono gli spettatori medi delle partite di serie A rispettivamente nei campionati 1983/84, 1998/99 e 2017/18.   Questo significa che in Italia negli ultimi 35 anni gli spettatori negli stadi sono diminuiti quasi del 35%, un punto percentuale l’anno.

Proviamo a capire insieme quali siano state le cause di questa falcidia.

Il 1995 è stato l’anno della sentenza Bosman, che permise a tutti i calciatori dell’Unione Europea di trasferirsi liberamente ad altra squadra alla scadenza del loro contratto, senza che la squadra di appartenenza potesse vantare su di loro alcun diritto.

Se sul piano del diritto probabilmente questa sentenza non fa una grinza, nei fatti ha sancito il crearsi di un divario tecnico invalicabile tra grandi e piccole società, da allora alla piena mercé dei capricci più o meno legittimi dei loro migliori elementi, sempre pronti a forzare il loro trasferimento a prescindere dalla scadenza del contratto,alla caccia di maggiori ingaggi che le piccole società non potevano e non possono garantire.

Questo ha fatto sì che la lotta per le prime posizioni fosse da allora esclusivamente riservata al limitato novero delle società straricche, ed infatti gli sporadici casi di scudetti vinti dalle cosiddette piccole (Verona,. Cagliari, Sampdoria) non si ripeterono mai più da allora, e che quindi i campionati fossero sempre meno incerti ed avvincenti.

La medesima sentenza aprì le porte all’utilizzo di calciatori comunitari progressivamente senza alcun limite e questo di fatto precluse la possibilità di sviluppo per molti giovani calciatori italiani, soprattutto per la miopia gestionale delle società di calcio che preferirono e preferiscono ancora adesso rivolgersi all’estero piuttosto che curare lo sviluppo dei vivai.  I riflessi di questa politica sono evidenti guardando i risultati della Nazionale Italiana, mai stati di un livello così basso.

Dal 2010 entra in vigore la Tessera del tifoso, frutto di una delle più inutili e assurde leggi riguardanti l’ordine pubblico, il cui unico vero risultato è stato quello di condizionare pesantemente l’accesso allo stadio dei tifosi normali, costringendoli a prenotazioni per trovare un posto, a lunghe attese davanti a tornelli, alla difficoltà di seguire la propria squadra in trasferta.

Di contro i gesti di violenza non sono assolutamente diminuiti e tutt’al più si sono solo trasferiti dagli stadi alle vie adiacenti, senza che nessuno abbia mai deciso di prendere reali provvedimenti di natura penale nei confronti di un’esigua minoranza di delinquenti che si muovono sotto gli occhi di tutti.

Nel 2004 l’avvento di Sky con un’offerta via via globale di tutti gli avvenimenti calcistici ha sicuramente contribuito alfenomeno di abbandono degli stadi che peraltro era già decisamente avviato.

Un danno secondo noi più grave da parte dell’offerta televisiva è stato il frazionamento degli incontri che ha raggiunto livelli intollerabili e che, oltreché costringere di volta in volta gli spettatori a pranzare o cenare direttamente allo stadio, impedisce comunque di seguire le vicende del campionato senza passare la settimana davanti alla tv.

Già Aristotele aveva individuato il successo di una narrazione nell’unità di tempo, di luogo e di azione…qui siamo veramente all’opposto, e io credo che questa politica stia provocando un progressivo disinteresse degli italiani nei confronti dello spettacolo calcio.

Molti di noi ricordano con sempre maggiore rimpianto i tempi di Tutto il calcio minuto per minuto, della Domenica Sportiva, dell’attesa dei risultati della schedina, tempi in cui tutto si consumava in una domenica, e il resto era attesa per la domenica successiva, tempi in cui a mezzogiorno se era una bella giornata si decideva di andare allo stadio e alle tre ci si presentava ai botteghini.

Se a tutto questo aggiungiamo un’evoluzione (o involuzione) dei costumi che sempre meno comporta una socializzazione diretta, ma la surroga con comunicazioni di natura digitale, un’offerta di discipline sportive molto più ampia rispetto al passato in cui era il calcio lo sbocco naturale per quasi tutti i ragazzi, il calo del 35% di cui abbiamo parlato all’inizio sembra tutto sommato ampiamente giustificato e credo che in prospettiva ci sia da aspettarsi soltanto di peggio.

Per concludere, alcune osservazioni sulla realtà di Genova che è a noi più vicina.

Uno stadio dalla struttura che definire fatiscente è eufemistico, con servizi igienici che secondo l’opinione comune sarebbero meritevoli di attenzione da parte delle competenti autorità sanitarie, un campo di gioco da anni in condizioni disastrose, degno delle categorie inferiori, un sistema di trasporti per e dallo stadio carente, e una politica dei prezzi a mio avviso scarsamente oculata.

Chi scrive fa ancora parte del manipolo di eroi sempre presenti allo stadio, ma siamo sempre meno numerosi e sempre più comprensivi nei confronti di chi le domeniche se le passa al cinema o a passeggio. 

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