STIG DAGERMAN
Inviato: 15/07/2019, 13:50
Una vita breve ,conclusa con il suicidio a soli 31 anni, non ha impedito a questo scrittore/giornalista svedese , di impostazione anarchica, di proporci racconti ,pieces teatrali , libri il più conosciuto dei quali è "Autunno tedesco" , raccolta di reportages giornalistici sulla Germania dell'immediato dopoguerra ,fra il '45 e il '49.
La Germania rasa al suolo nel senso letterale della parola, a giudizio degli innumerevoli giornalisti che la visitano,deve scontare la vergona,l'onta di aver sostenuto la follia hitleriana: in tal modo si giustifica l'insensatezza di un mondo che, dopo l'Olocausto, pare richiederne un secondo anche a cittadini tedeschi che avevano dovuto subire la violenza e la propaganda nazista.
L'omologazione del pensiero giornalistico dei vincitori che riportano semplicemente , e qualcuno con un non velato piacere, le condizioni di un popolo in ginocchio, è frantumata dal giovane giornalista svedese dell'Expressen che affronta , scevro da ideologie o revanchismi, le miserevoli condizioni di migliaia di persone che vivono in sottoscala, fra i ruderi dei bombardamenti (ancora dopo due tre anni dal '45), assaliti dalla fame, dal freddo e con la consapevolezza di sentire gravato su se stessi il pesante giudizio dell'occidente vincitore. Una raccolta di testimonianze di abitanti di Colonia,Berlino,Amburgo che ci riporta ,in un certo senso ai lager nazisti, questa volta però subiti dai tedeschi. Un libro che ci richiama fortemente all'assurdità delle guerre, delle propagande (di ogni regime) e che tenta di recuperare , in un periodo di vendette ,violenze, e processi la necessaria dimensione umana che Hitler aveva calpestato e che i vincitori , in quegli anni parzialmente disconoscevano.
Il suo libro fu un segnale forte di pace, fratellanza, perdono, che gli valse numerosi riconoscimenti. Il libro di facile lettura è al contempo occasione di riflessione non tanto su vincitori e vinti, quanto sul valore della vita e della compassione nel suo più alto significato.
La Germania rasa al suolo nel senso letterale della parola, a giudizio degli innumerevoli giornalisti che la visitano,deve scontare la vergona,l'onta di aver sostenuto la follia hitleriana: in tal modo si giustifica l'insensatezza di un mondo che, dopo l'Olocausto, pare richiederne un secondo anche a cittadini tedeschi che avevano dovuto subire la violenza e la propaganda nazista.
L'omologazione del pensiero giornalistico dei vincitori che riportano semplicemente , e qualcuno con un non velato piacere, le condizioni di un popolo in ginocchio, è frantumata dal giovane giornalista svedese dell'Expressen che affronta , scevro da ideologie o revanchismi, le miserevoli condizioni di migliaia di persone che vivono in sottoscala, fra i ruderi dei bombardamenti (ancora dopo due tre anni dal '45), assaliti dalla fame, dal freddo e con la consapevolezza di sentire gravato su se stessi il pesante giudizio dell'occidente vincitore. Una raccolta di testimonianze di abitanti di Colonia,Berlino,Amburgo che ci riporta ,in un certo senso ai lager nazisti, questa volta però subiti dai tedeschi. Un libro che ci richiama fortemente all'assurdità delle guerre, delle propagande (di ogni regime) e che tenta di recuperare , in un periodo di vendette ,violenze, e processi la necessaria dimensione umana che Hitler aveva calpestato e che i vincitori , in quegli anni parzialmente disconoscevano.
Il suo libro fu un segnale forte di pace, fratellanza, perdono, che gli valse numerosi riconoscimenti. Il libro di facile lettura è al contempo occasione di riflessione non tanto su vincitori e vinti, quanto sul valore della vita e della compassione nel suo più alto significato.